Il 20 febbraio 2020 presso l’ospedale del Comune di Codogno in provincia di Lodi si scopriva il primo caso di Covid-19 da li a poco i contagiati salivano a 14.
Per questa ragione, controllando i movimenti dei pazienti, veniva ipotizzata l’esistenza di un focolare nella zona di Codogno.
L’ospedale di Codogno ritornava- dopo 13 giorni – al centro della cronaca nazionale. Li infatti erano stati ricoverati alcuni passeggeri del treno partito il 7 febbraio 2020 dalla Stazione Centrale di Milano e deragliato all’altezza di Ospedaletto Lodigiano.
Sempre il 21 febbraio 2020 veniva adottata un’ordinanza del Ministero della Salute di intesa con il presidente della Regione Lombardia con la quale – preso atto del carattere diffusivo dell’epidemia , veniva disposta la quarantena (14 giorni) con sorveglianza attiva degli individui che avessero avuto contatti stretti con casi confermati di Covid 19. Identica ordinanza veniva poi adottata il 22 febbraio per il Comune di Vo’ per altri casi di Covid-19 accertati in quell’area.

Il 23 febbraio veniva approvato il decreto legge n.6 contenenti misure urgenti in materia di contenimento e gestione dell’emergenza epidemiologica da Covid 19. Il testo conferiva la possibilità di adottare misure di contenimento allo scopo di evitare il diffondersi del COVID-19,

Tra queste misure veniva prevista la possibilità di istituire zone Cd. “Rosse”.
Sempre il 23 febbraio con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri (Sentiti vari ministri ed i presidenti delle due Regioni) venivano dichiarate zone rosse i comuni Lombardi della zona di Codogno ed il Comune di Vo’ nella Regione Veneto.

Lo stesso giorno, domenica 23 febbraio l’ospedale di Alzano Lombardo venivs improvvisamente chiuso dopo l’accertamento di due casi positivi di Covid -19. La struttura ospedialiera veniva riaperta nella serata del 23 febbraio.
Il 23 febbraio si manifestatava così l’esistenza di un problema Covid19 nella bassa Valle Seriana (pari alla gravità di quella del lodigiano).
Da quel momento, per coerenza con quanto accaduto a Codogno e.Vo’, tutti attendevano l’istituzione di una zona rossa tra Alzano Lombardo e Nembro.
Il 25 febbraio il presidente del Consiglio adottava altrovprovvedimenti quali la sospensione nelle Regioni Emilia Romagna, Friuli Venezia Giulia, Lombardia, Veneto, Liguria e Piemonte delle attività e competizioni sportive, sospensione musei e uffici pubblici sul territorio nazionale. Nessuna zona rossa per Bergamo.
Il sindaco di Alzano Lombardo tramite quotidiani locali ha riferito che i primi cittadini della zona erano pronti ad attivare una zona rossa (certamente con molti contrasti da parte delle imprese e dei commercianti) e nelle more avevano anche cercato di adottare misure “limitative” a livello locale (chiusura bar dopo le 18).
Tali provvedimenti sarebbero stati oggetto di un richiamo da parte del Ministero degli interni tramite una circolare della prefettura di Bergamo che chiedeva ai sindaci di non prendere misure ed iniziative autonome.
Il 01 marzo 2020 sempre con Decreto del presidente del Consiglio dei ministri veniva ribadito il mantenimento delle zone rosse nei comuni già interessati dal precedente provvedimento (Area di Codogno e Vo’) e si inserivano misure per la chiusura di attività e manifestazioni a livello regionale e provinciale: impianti di risalita e piste da sci restavano aperti.
Per la provincia di Bergamo veniva solo prevista la chiusura nelle giornate di sabato e domenica delle medie e grandi strutture di vendita e degli esercizi commerciali presenti all’interno dei centri commerciali e dei mercati, ad esclusione delle farmacie, delle parafarmacie e dei punti vendita di generi alimentari.
E mentre il virus si diffondeva nella valle e probabilmente anche a Bergamo città nessuna zona rossa veniva attivata per un’area che nel frattempo registrava sempre più contagi e sempre più decessi.
Il 2 marzo 2020 l’istituto superiore della Sanità forniva il suo parere positivo in merito alla creazione della zona rossa della Bergamasca, ma ancora nessun intervento da parte delle autorità veniva assunto e, nel frattempo, i morti aumentano ed il virus veniva lasciato libero di circolare da paese in paese da famiglia in famiglia.
il 7 marzo, a distanza di settimane dall’evento di Alzano Lombardo, molti si aspettano un provvedimento di chiusura (anche se con un ritardo di giorni!). Tuttavia, durante la notte, il governo Conte non decideva di creare una nuova zona Rossa per Nembro e Alzano Lombardo ma di istituire un’unica zona arancione in tutta la Lombardia.
La fuga di notizie in relazione a tale provvedimento e l’assenza di interventi per controllare il rispetto di quelle misure, spingevano migliaia di persone (probabilmente anche infette) ad abbandonare le varie aree della Lombardia per le più disparate destinazioni dando vita anche ad un assurdo esodo di massa al Sud con effetti incalcolabili in termini di diffusione del Virus e di danni al sistema economico e sociale.
Le forze dell’ordine schierate da giorni a Zingonia (carabinieri) e a Osio Sotto (polizia) ed in attesa dell’ok definitivo per l’attivazione della zona rossa (già programmata nei particolari), venivano allontanate e impiegate altrove.
Da quel momento l’area della Bergamasca si è poi trasformata in una vera e propria ecatombe. Tante le persone morte nelle loro abitazioni e non registrate come COVID19.
La domanda che molti si pongono è chi doveva attivare quella Zona Rossa ? Avrebbe impedito così tanto dolore?
Se era il caso di attivarla, lo potranno dire non solo gli esperti, ma anche i figli, i nipoti, gli amici di oltre 2.000 persone (ma i decessi sono stati più di 4.000) che hanno vissuto sulla loro pelle quanto avvenuto dal 23 febbraio in poi e che hanno assistito impietriti alle strazianti immagini dei carri militari che trasporavano le bare dei loro parenti ai forni crematori di vari comuni del Nord.

In relazione a chi doveva attivarla, partiamo dalla normativa per comprendere competenze e ruoli.
Il Testo di riferimento è il decreto legge del 23 febbraio n.6 che, come visto, prevede le misure di contenimento e la procedura per attivare una “zona Rossa”. Nell’articolo 1 troviamo come misure possibili:
a) divieto di allontanamento dal comune o dall’area interessata da parte di tutti gli individui comunque presenti nel comune o nell’area;
b) divieto di accesso al comune o all’area interessata;

Chi deve attuare queste misure è precisato nell’articolo 3 che recita: ”Le misure sono adottate con uno o più decreti del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro della salute, sentito il Ministro dell’interno, il Ministro della difesa, il Ministro dell’economia e delle finanze e gli altri Ministri competenti per materia, nonché i Presidenti delle regioni competenti, nel caso in cui riguardino esclusivamente una sola regione o alcune specifiche regioni, ovvero il Presidente della Conferenza dei presidenti delle regioni, nel caso in cui riguardino il territorio nazionale”
Di conseguenza, è evidente che trattasi in primo luogo di un provvedimento a firma del Presidente del Consiglio dei ministri (come confermato anche dalle altre zone rossa istituite a Codogno e Vo’ attivate tramite decreto del presidente del Consiglio in data 23 febbraio 2020).
E’ bene considerare che il comma 2 prevede anche che “nelle more” del suddetto decreto del presidente del Consiglio dei Ministri, in caso di estrema necessità ed urgenza, le misure potrebbero essere adottate anche dal Presidente della Regione e dal Sindaco”.
Tuttavia è evidente che per attuare tali misure è necessario l’uso della forza pubblica che i comuni e la Regione non possiedono (non ho idea dell’organico della polizia locale di Nembro e Alzano ma posso immaginare che non superino le dita di una mano).
Inoltre, è utile considerare che, ai sensi dell’articolo 5, “il Prefetto, informando preventivamente il Ministro dell’interno, assicura l’esecuzione delle misure avvalendosi delle Forze di polizia e, ove occorra, delle Forze armate, sentiti i competenti comandi territoriali”. Pertanto, senza il contributo del Prefetto e quindi del Ministro dell’interno, non avrebbe alcun senso per un Comune o una Regione adottare misure restrittive non in grado di essere fatte rispettare.
Leggendo le dichiarazioni rese da Sindaci, Assessori, Comunità e Regione Lombardia, e considerando che nella zona vi era la presenza fisica di Carabinieri e Polizia, apparr evidente che tutti i soggetti coinvolti stavano attendendo l’istituzione della Zona Rossa tramite la procedura “maestra” tramite il provvedimento del Presidente del Consiglio e vi era l’intenzione di evitare di dare vita ad interventi disomogenei per non generare confusione e conflitti tra organi dello Stato.
Del resto, in assenza di una decisione del Governo – un intervento in sostituzione – da parte della Regione o dei Comuni – per essere legittimo, doveva basarsi anche sul presupposto di “estrema urgenza”. Quella Estrema urgenza, doveva essere ricavata dalla circostanza che chi era deputato a decidere (ossia il Presidente del Consiglio) – sostanzialmente – non aveva ancora deciso.
In quest’ottica si spiegherebbe anche il richiamo “a non prendere iniziative” inviato dal Prefetto ai Comuni e menzionato dal Sindaco di Alzano Lombardo.
Tutti aspettavano una decisione che sfortunatamente (viene da dire, ma è una mia opinione) non è stata assunta.
Ai Posteri ed ai parenti l’ardua sentenza: andava o non andava istituita immediatamente una zona rossa nella Bergamasca?
I dati dei morti sono li da vedere e chi non c’è più non può tornare.
A tutte quelle persone una preghiera ed una preghiera per tutti i medici che si sono sacrificati per tutti noi, per un paese che usa mascherine e camici griffati in quanto non è stato in grado di attivarsi per avere per tempo quelle non griffate.
qui trovate il nome di tutti i medici caduti nel corso dell’epidemia.
https://portale.fnomceo.it/elenco-dei-medici-caduti-nel-corso-dellepidemia-di-covid-19/
I nostri nonni ci hanno raccontato di soldati italiani mandati al fronte con le scarpe di cartone. Da oggi forse dovremo iniziare a raccontare ai nostri figli di quella volta che i nostri soldati li abbiamo lasciati sul fronte senza mascherine.
Sfortunatamente abbiamo inseguito il virus invece di prevenirlo. Questo il grande errore che è stato commesso. Ci siamo fatti trovare sprovvisti di ogni cosa: mascherine, tamponi, repiratori. posti in terapia intensiva, personale.
